Tuesday, January 20, 2009

Pride and Glory-Il Prezzo Dell'Onore

Quattro agenti della polizia di New York rimangono uccisi in un conflitto a fuoco. Sono gli uomini della narcotici di Francis Tierney Jr., figlio di Francis Tierney Senior, Capo dei Detective di Manhattan e fratello di Ray, anche lui impiegato in polizia. Le indagini condotte da Ray, riluttante ad accettare il caso in cui sono coinvolti gli agenti uccisi e il cognato Jimmy Egan, svelano molto presto che non si è trattato affatto di un sequestro di droga finito tragicamente ma di un agguato barbaro e deliberato. Ray, sospettando che uno dei familiari possa essere implicato in un gravissimo caso di corruzione, dovrà scegliere tra la lealtà che lo lega alla famiglia e la fedeltà verso le istituzioni.
Dopo i Padroni della notte, storia di due fratelli a New York che si ritrovano dalla parte opposta della barricata (quella della legge e quella del disordine), arriva sugli schermi Pride and Glory, storia di due fratelli poliziotti (e irlandesi) che provano a fare la scelta giusta nella Grande Mela, abusata dal crimine e dalla polizia corrotta. Un dramma familiare cupo e monocromatico scaturito dalla malattia morale che alberga nel fratello “acquisito” dei Tierney, compromesso con criminali e trafficanti e sprofondato nella corruzione e nel dispotismo. Il racconto prevalentemente notturno di Gavin O'Connor si sviluppa su un piano privato e drammatico, eliminando qualsiasi dinamismo e restando stretto sui personaggi, alla disperata ricerca di identità tra la legge austera dei legami di sangue e la pericolosa seduzione del Male. Nondimeno, l'implacabile logica terrena del poliziotto fuorilegge di Farrell non riesce a porsi come lettura metafisica ed esistenziale.
Il dissidio nel plot di Pride and Glory si esaurisce, assecondando quella fastidiosa tendenza del cinema americano ufficiale, a tagliare il senso in una morale da buono e cattivo. L'eroe diventa eroe buono che lotta contro il “se stesso” eroe cattivo, ormai irrimediabilmente doppio diabolico e nemico da sconfiggere. In questo modo la logica del racconto prende la distanza dalla pericolosa fascinazione per la violenza che caratterizza e che produce il poliziotto di Farrell. Buona parte della forza del film risiede nell'interpretazione degli attori, Jon Voight, Edward Norton e Noah Emmerich, che si muovono come fantasmi in un mondo privato della luce, alla ricerca di un avversario che certifichi il loro essere poliziotti. Norton, segnato sul viso e nel cuore da una cicatrice, si riempie progressivamente di lividi e ferite (quelle inflitte e quelle subite), consolidando il suo status di attore intelligente e schivo. Un attore pieno di una bellezza che sfugge alle definizioni.
www.mymovies.it


Saturday, January 10, 2009

Era Glaciale 3




in arrivo nel 2009....

Madagascar 2


Ritroviamo Alex il leone, Marty la zebra, Gloria l'ippopotamo e Melman la giraffa alla deriva nelle remote spiagge del Madagascar, pronti ad imbarcarsi sull'aereo riparato dalla squadra di terribili pinguini per tornare a Central Park. Un atterraggio di fortuna, però, ben prima di arrivare nei cieli americani, li catapulta nel bel mezzo di una pianura africana, ai piedi del Kilimangiaro. Tutto appare come la realizzazione di un sogno: Alex ritrova la famiglia, Marty il branco che ha sempre desiderato, Gloria le attenzioni del prestante Moto Moto e Melman l'opportunità di mostrare un po' di eroismo. L'Africa è dunque meglio di New York City? Di certo non è meno avventurosa.
Nuovamente pesci fuor d'acqua, per opera dei registi Eric Darnell e tom McGrath, cui si aggiunge in sede di scrittura Etan Cohen (Tropic Thunder), i quattro dello zoo di Manhattan si ritrovano a fare i conti con un secondo e ben più pregnante rovello identitario: scoprire di non essere soli al mondo ma, al contrario, parte di una comunità di esseri identici o di una famiglia con un carico impegnativo di aspettative può esser causa di una crisi che non si risolve semplicemente con un balletto sul cubo.
Mentre la vicenda di Alex, del padre Zuba e dell'usurpatore Makunga scorre sul binario principale, talvolta passando per i solchi tracciati dal Re leone , gli sceneggiatori possono sbizzarrirsi con quanto di meglio hanno per le mani: la giraffa ipocondriaca, i pinguini meschini e militarizzati (uno schianto) e re Julien, uno dei personaggi più assurdi e divertenti che la Dreamworks abbia mai animato (interpretato non a caso, nella versione originale, da Sacha Baron Cohen ). A margine di una linea primaria in cui la vena emotiva si fa decisamente più pulsante rispetto al primo capitolo, le linee narrative secondarie scherzano intelligentemente con l'ambientazione -con i turisti dei safari, la medicina naturale, l'immaginario legato ai sacrifici propiziatori- e meno con i modelli cinematografici.
Mentre gli animali vanno alla ricerca delle loro radici e i paesaggi vanno oltre la bellezza del tratto e scivolano nella poesia, la musica black fa da fil rouge, tanto che si potrebbe dire –per rubare una battuta ad Alex the king- che il primo Madagascar era un film bianco con le strisce nere mentre questo secondo è… un film nero con le strisce bianche.
www.mymovies.it

Natale A Rio

La ricetta è semplice e quest'anno piuttosto efficace. Si prendono due divorziati (Ghini e De Sica) molto diversi tra loro (uno è un professore di etica e l'altro un palazzinaro) e li si fa finire insieme in vacanza a Rio all'insaputa di tutti. Dei 'tutti' fanno parte i reciproci figli i quali, a loro volta, mentono ai genitori fingendo di andare in Spagna e recandosi invece a… Rio. Città in cui, vedi caso, si trovano le ex mogli dei due che si sono incontrate nella clinica in cui si sono fatte rifare il seno facendo invece sapere ai familiari di essere altrove. A queste vicende se ne aggiunge una che apre il film. Fabio (De Luigi) innamorato in incognito di Linda (Hunziker) si ritrova a fingere di essere il suo vero fidanzato in sostituzione di quello reale (fedifrago) per far stare tranquillo il padre di lei che abita a…Rio.
Diciamolo subito: la separazione da Boldi ha fatto un gran bene a De Sica e soci. Ha consentito loro di lavorare su sceneggiature da commedia abbandonando la farsa con caratterizzazioni esasperate. Anche la concentrazione su un numero ristretto di attori, senza l'ansia di dover andare a raccattare l'ultima starlette scosciata in tv, ha giovato all'insieme. Siamo finalmente dalle parti della pochade in cui si aprono e chiudono porte al momento giusto e in cui gli equivoci (efficace quello che ruota intorno alle 'residenze' scambiate tra padri e figli) hanno una loro motivazione nel contesto generale. La volgarità non è stata bandita ma è collocata al punto giusto in modo da consentire ai due componenti della coppia buddy-buddy De Sica-Ghini di gigioneggiare (Christian) e di lavorare di understatement (Massimo).
Inoltre l'affiatamento della coppia Hunziker-De Luigi (maturato in tv) offre la sponda di un'apparente naturalezza che spinge al sorriso affettuoso. I due 'figli' fanno la loro parte e coprono il target giovanile con diligente applicazione ai reciproci ruoli. In più ne emerge un ritrattino dell'Italia di oggi in cui, purtroppo, molto spesso il tentativo di salvare le apparenze è talmente maldestro da far emergere il cinismo di chi è disposto (letteralmente) a scavalcare chi è non è più utile pur di soddisfare i propri impulsi del momento. Intendiamoci: di cinema di evasione si tratta. Senza troppe pretese ma anche senza bassezze. Anzi, Natale a Rio finisce letteralmente 'in alto', con un ammicco alla 'realtà della finzione' che strappa un ultimo sorriso. www.mymovies.it

Ultimatum Alla Terra

Una smisurata e misteriosa sfera luminosa atterra tra gli alberi di Central Park e sotto gli occhi meravigliati dei newyorkesi. L'alieno che la abita e ne discende viene accolto da una pallottola di benvenuto, esplosa da un militare nervoso ed emotivo. Ricoverato d'urgenza e guarito con prodigiosa rapidità, l'alieno rivela sembianze umane e nome sotto una pellicola gelatinosa: è Klaatu, una creatura astrale precipitata dall'universo per avvertire l'umanità di un'imminente crisi globale. Dopo aver chiesto senza successo alla Segretaria di Stato degli USA di organizzare una riunione internazionale per comunicare al mondo il suo messaggio, Klaatu elude la sorveglianza governativa, deciso a dare una dimostrazione di forza convincente con l'aiuto di Gort, il suo gigantesco automa. Sarà l'amore di una mamma, la scienziata Helen Benson, a farlo desistere dall'impresa, concedendo agli uomini il beneficio del dubbio e la possibilità del riscatto.
Com'è fatto un alieno? Sullo schermo ha il corpo di Keanu Reeves. Corpo lasciato nell'action movie, dove i muscoli lavorano ancora nella corsa e nella lotta, per lanciare la mente nelle sfere rarefatte delle nuove tecnologie e nell'allucinazione collettiva di Matrix. Nella sua testa sono stati aperti buchi neri e il suo corpo scarnificato nella virtualità è stato fatto oggetto di nuove esplorazioni e messo in condizione di poter fare ciò che prima era consentito solo ai cartoni animati: correre sui muri, librarsi e ricadere sprofondando in un asfalto che si apre con la morbidezza di una mousse e l'elasticità di una gomma. Ancora una volta Keanu Reeves è per lo spettatore la soglia da attraversare per incontrare un altro universo, un altro sguardo, quello di Klaatu, giunto da una galassia lontana con un avvertimento per l'umanità.
Sessant'anni dopo l'Ultimatum Alla Terra di Robert Wise , Scott Derrickson recupera un classico della fantascienza aggiornandolo alla mutata condizione politica e ambientale. Era il 1951 quando Klaatu, l'alieno dall'aspetto umano, atterrò sulla Terra. Erano gli anni della Guerra Fredda fra USA e URSS, degli armamenti nucleari e della psicosi del “nemico in casa”. Se dobbiamo fare il gioco critico del confronto intertestuale, di quell'edizione l'Ultimatum alla Terra di Derrickson tace il grido di battaglia “Klaatu barada nikto” e mantiene Klatuu e la sua tuta, Gort e il suo casco laser (che reprime sul nascere ogni focolaio violento e antisociale), la sconfinata sfiducia nel sistema, l'intenzione pacifista, la sequenza in cui il mondo si arresta e le immagini di città smarrite e congelate ad ogni latitudine.
Ci troviamo di fronte all'ennesimo film apocalittico, un genere che occupa una posizione centrale nella mappa del cinema contemporaneo e che produce e consuma variazioni sul tema della (nostra) Fine. Avvalendosi di un imponente tessuto di rumori, il film è capace di esprimere la complementare dimensione alienante e umana della vicenda, rimandando al dualismo fra la minuscola intraprendenza degli uomini e la sconfinata potenza del cosmo. Ultimatum alla terra ci rammenta che la rappresentazione degli Stati Uniti non può essere distinta dalla rappresentazione della loro potenza militare e dalla loro implosione attorno al loro cuore di Mela, ferito e aperto. Hollywood procura allora emozioni alternative all'angoscia e alla pratica del pensiero, facendo quello che il cinema fa da oltre un secolo: raccontare la realtà attraverso immagini che funzionano contemporaneamente come un fantasma e come catarsi.
www.mymovies.it

Narnia 2 " Il Principe Caspian"

Peter, Edmund, Susan e Lucy a un anno di distanza dagli avvenimenti che li videro divenire regnanti di Narnia frequentano la scuola nella Gran Bretagna impegnata nella Seconda Guerra Mondiale. Un giorno il richiamo del corno li proietta nuovamente nel mondo magico che ben conoscono o, meglio, che credono di conoscere. Perché un anno dei nostri equivale a milletrecento anni in quelle terre in cui, nel frattempo, tutti gli abitanti di Narnia sono stati uccisi o costretti a nascondersi a causa dell'invasione del popolo dei Telmarini. I quali in questo momento avrebbero un legittimo erede al trono, il principe Caspian, il quale è costretto alla fuga perché lo zio, Lord Miraz, vuole ucciderlo per conquistare il potere da cedere in futuro al suo primogenito appena nato. I quattro fratelli Pevensie, aiutati dai sopravvissuti discendenti degli abitanti di Narnia, si mettono in azione per contrastare Miraz e i suoi uomini. Ma non c'è più il leone Aslan al loro fianco o, perlomeno, non lo si vede.
La seconda parte della saga di Narnia vede ancora alla regia Andrew Adamson il quale deve essere un regista che, insieme alla produzione, legge la critica internazionale. Ha così rivisto pregi e difetti del primo film e ha lavorato sulla pagina letteraria cercando di sfruttarne al massimo l'impatto cinematografico. Ecco allora due imponenti battaglie a marcare visivamente Il Principe Caspian con una difficoltà in più rispetto, ad esempio, a Il Signore Degli Anelli. Perché questo è un film dichiaratamente per famiglie e quindi il sangue (sia che sia degli umani che dei centauri) non può scorrere copioso e con immagini truculente.
La sceneggiatura libera poi la storia dalle pastoie teologiche che avevano fatto iscrivere d'ufficio Le cronache di Narnia al loro primo apparire nella schiera teocon quasi che questo ciclo si contrapponesse a quello che poi ha visto il suo primo episodio con La Bussola D'Oro. Certo Aslan rappresenta ancora il simbolo di una fede in Qualcuno che può venire in tuo aiuto anche se è non più fisicamente dinanzi ai tuoi occhi. Però se nella pagina scritta il Leone si confronta con Bacco e le Menadi in un complesso mix di Cristianesimo e Paganesimo, qui ci si limita alla spettacolare antropomorfizzazione della forza delle acque in un momento cruciale della vicenda.
Vicenda che vede i tre fratelli crescere, così come accade in Harry Potter e quindi mutare il loro sguardo nei confronti della realtà (fosse pure quella magica del mondo di Narnia). Ecco allora un primo amore, per quanto solo accennato e una solidarietà/rivalità tutta maschile tra Peter e Caspian. I cattivi questa volta (tranne un breve e significativo, anche sul piano dell'interrogativo morale posto dalla scena, ritorno della Regina delle Nevi) sono di stirpe italica.
Sergio Castellitto, nelle vesti di ispirazione ispanico seicentesca di Lord Miraz , è rapace e barocco quanto basta. Pierfrancesco Favino, con lo sguardo più cupo del solito, gli fa da braccio destro dubbioso quel tanto che basta per esaltare la bramosia di potere del suo signore.
www.mymovies.it

Bartman :"The Dark Knight"



l crimine organizzato a Gotham City ha le ore contate. Batman, il tenente Gordon, il nuovo Procuratore Distrettuale e alcuni improbabili epigoni dell'Uomo Pipistrello in imbottiture da hockey hanno dichiarato guerra ai criminali. La loro fortuna e i loro dollari, accumulati in una banca di massima sicurezza, vengono rubati da Joker, un pagliaccio sadico e mascherato che getterà la città nel disordine e nell'anarchia. Riempite le tasche di lame, polvere da sparo e lanugine, Joker sfiderà il cavaliere oscuro di Bruce Wayne e rivelerà il lato oscuro di Harvey Dent, l'eroe procuratore che applica la giustizia e agisce a volto scoperto.
Negli anni il fumetto ideato da Bob Kane si è "riletto" per riscriversi in nuove forme, in questo modo ha riscritto anche il proprio rapporto con il cinema. Si è perciò compiuto il progetto di portare sullo schermo Batman, evitando l'estetica pop-camp di una precedente età televisiva, interiorizzando le proprietà narrative del fumetto e quelle del video e procedendo verso la loro integrazione radicale.
Dopo la deformazione grottesca e la stilizzazione espressionistica delle versioni di Burton, che aveva saputo trovare un equivalente plastico-dinamico alle figure disegnate sulle tavole, il Batman "iniziato" e "totalmente formato" di Nolan riscrive in chiave crepuscolare il mito del giustiziere mascherato e rilancia in avanti la scommessa del fumetto al cinema. Se il Batman di Burton è infatti prossimo al sistema di rappresentazione dei cartoons, dal quale del resto l'autore proviene, Nolan codifica nel noir il character di Kane, deviandone le traiettorie e sviando lo sguardo dello spettatore in un gioco perverso, che si annoda nella psicologia dei suoi protagonisti e si complica nell'interazione tra i personaggi e il paesaggio metropolitano dominato dal denaro.
Sviluppata la sua mentalità investigativa e dichiarata la sua formidabile capacità abduttiva, il cavaliere oscuro di Nolan è un detective incorruttibile a caccia di prove (un proiettile esploso nel muro vale un indizio), che tocca cadaveri, frana sulle macerie dei palazzi e agisce in una "giungla d'asfalto" dentro una divisa leggera da "corpo speciale". Spogliato dal rigido esoscheletro, il singolare "costume", disgiunto dal cappuccio, attribuisce nuova energia al personaggio logorato dal protrarsi dell'iteratività narrativa.
Quello che conta nel Cavaliere oscuro è l'enigma della psicologia dei personaggi: i compagni (Harvey e Gordon) di Batman quanto gli antagonisti (Joker e Due Facce) non sono semplici caratterizzazioni laterali ma diventano figure malate di un incubo, sistematicamente inquadrate dal basso (soprattutto Joker) come un insieme ambiguo e incombente.
Apparentemente costruito come film sulla voracità e sul potere distruttivo del denaro (il film si apre con la realizzazione di un colpo e la liquidazione di tutti gli esecutori materiali della rapina ad opera di chi l'ha concepita), Il Cavaliere oscuro si rivela opera della paranoia e del progressivo affondare dell'eroe senza maschera di Aaron Eckhart (Harvey Dent), risentito coi compagni e attirato verso il basso da un inafferrabile Joker. Dalla "caduta" muore Harvey e nasce Due Facce, un reduce-sopravvissuto e psicopatico quanto l'irriducibile clown di Ledger, di cui il regista non rilegge le origini, perché Joker è figlio del caos e la sua ferita, aperta in un "sorriso", è figlia di una leggenda declinabile all'infinito.
Come The Prestige così Il Cavaliere oscuro è una saga della dualità, ma diversamente dal primo a Gotham City non vince chi rischia di più o chi ha meno remore morali, i duellanti sono tutti ugualmente sconfitti e perdenti. Batman perde l'illusione di Rachel e attira su di sé l'attenzione ostile dei cittadini, distogliendola come un prestigiatore da quei particolari che lascerebbero intuire la soluzione del mistero; Harvey perde Rachel e la "faccia"; Joker la risata, bloccata e "appesa" in cima a un grattacielo; gli spettatori perdono il volto disfatto nel make-up di Heath Ledger, rovesciato e trattenuto dal dandy malinconico di Bale. Se lo lasciasse precipitare nemmeno Batman esisterebbe più. E (questo) Joker non può davvero andarsene mai.
Stampa in PDF PDF

www.mymovies.it